SeiSaten | Vinitaly | Aprile 2017

Sgombriamo subito il campo dai dubbi: Saten è un termine bresciano che richiama la seta, con le sue caratteristiche di morbidezza e resistenza. Degustare 6 Franciacorta Saten (non 5 o 7…) e scandire lentamente “seisaten” sembra voler enfatizzare l’aspetto onomatopeico dei nome.

Grazie all’invito del consorzio Franciacorta presso il Vinitaly ho partecipato a questa degustazione, guidate da Nicola Bonera. Le personali note di degustazione si sono inevitabilmente fuse con quelle del relatore, che ringrazio, così come ringrazio Marco Piovani del consorzio per l’opportunità.

Morbidezza è da intendersi come sensazione di maggiore “cremosità” delle bollicine in virtù della minore pressione in bottiglia (5 bar); oltre alla pressione il rispetto del disciplinare prevede l’utilizzo esclusivo di vitigni a bacca bianca (Chardonnay e Pinot Bianco), la sosta sui lieviti di almeno 24 mesi, il residuo zuccherino fino a 12 g/l con un “suggerimento” a stare sopra i 5g/l (quindi è solo brut).

In virtù della minore pressione le uve possono essere lasciate in pianta a maturare 1-2 giorni in più, così acquistano una maggiore maturità fenolica ovvero una migliore espressività delle sostanza aromatiche e tattili che, alla fine, fanno la differenza. Gli stili produttivi (utilizzo o meno di vini base con affinamento in legno), il tempo di permanenza sui lieviti, oltre che l’esposizione e il terreno segnano le differenze tra le diverse interpretazioni di questo prodotto unico nel suo genere.

Ronco Calino (13%, cuvée del 2013, 40m sui lieviti): la pungenza della CO2 accelera molto all’inizio per poi “frenare”, si intuisce la presenza di un basso residuo zuccherino, gli aromi di naso e di bocca raccontano di cereali e malto; si apprezza un bell’equilibrio e una piacevolezza che “da del tu”, un prodotto che punta sull’immediatezza.

Chiara Ziliani (terreni ricchi di torbiere a N NE, % della cuvée affinata in legno): sono evidenti le note di frutta secca e le tostature, zabaione, aromi di pasticceria, pasta sfoglia, gomma arabica, toffee. Intenso, “pieno”, “mieloso”, lungo.

Ricci Curbastro (80% della massa affinata in barrique, di cui il 50% nuove, zona SO, liqueur fatta coi lieviti): elegante, “ritmico”, speziato ma meno di quanto si intuirebbe dalla presenza di legno, grazie al terreno che contrappone una bella acidità. Emergono note di buccia di mela e pera, lemongrass, finocchietto selvatico, lievito fresco.

La Fioca (4g/l residuo, Corte Franca zona più antica ricca di depositi fini, 48m sui lieviti): il colore è carico e preannuncia una maggiore intensità, quasi ossidativa con note di distillato dolce. La bollicina è intensa e veloce, secco “fin quasi all’osso”, asciutto, come direbbe Veronelli. Ricordi di pesca negli aromi di bocca.

Le Cantorie (zona NE, Cusago, calcare in % superiore alla media, 13%, 50m sui lieviti): profumi evidenti di lievito madre, accompagnati da note più vegetali di clorofilla, coriandolo, e speziate di cardamomo. Molto equilibrato da subito, ci spiazza per sentori quasi croccanti di vegetali dolci.

Santo Stefano (30m sui lieviti): è più “maschio” rispetto ai campioni precedenti, “grasso” e carico di colore. Sono evidenti sentori di liquore di Benevento, note aeree di camomilla, fiore d’arancio, pastiera. In bocca è molto morbido, “polposo”.

Per concludere…qualità costante, che poi sia immediato, ammiccante, elegante, o desideroso di evadere dagli schemi, è questione di stile.